NELL'ANTICO PALAZZO DEI GESUITI, ora sede centrale
dell'Università degli Studi di Parma, dall'inizio del Novecento
è ospitato il Museo di Storia Naturale. Dopo avere attraversato
la lunga (e un poco tetra) Galleria della sistematica, si accede
alla Sala di anatomia comparata, comunemente denominata "Sala
degli scheletri". In un angolo, il visitatore curioso può
trovare una piccola vetrina, che contiene una singolare
collezione di preparati zoologici, in prevalenza uccelli,
racchiusi (come modelli di navi) in bottiglia.
Ma non siamo di
fronte soltanto a una stranezza; quello che le bottiglie
contengono è una delle più antiche collezioni zoologiche
conservate in un museo italiano, intatta dopo quasi 240 anni. Il
suo artefice fu Padre Jean Baptiste Fourcault, ornitologo della
Corte Ducale di Parma dal 1763 al 1775, che nel biglietto da
visita si fregia del titolo di Ornithologiste de S.A.R.
l`Infant Duc de Parme, circondato da ogni sorta di uccelli
in volo e posati su fronde.
Della collezione
scriveva nel 1884 l'allora direttore del Museo Pellegrino
Strobel:
Si tratta di una
dozzina di campane a piedistallo, di vetro, aperte solo
in alto mediante un foro circolare del diametro di 15 a
30 millimetri, che venne chiuso da tappo di legno
fermato internamente per mezzo di legnetti trasversi,
oppure da tappo di vetro, per modo da non poter più
essere levato.
Gli animali imbalsamati, quasi tutti uccelli, rinchiusi
in quelle campane di vetro, sono ancora, dopo oltre un
secolo, perfettamente conservati ed intatti, senza
traccia alcuna di tarlo. Essi vi si trovano collocati
come certi giocattoli in bottiglie, provenienti dalla
Germania (Norimberga?).
Il Fourcault tenne segreto il modo con cui introduceva,
o ravvolgeva, gli animali in quelle campane, e su
strisce di carta poste nelle medesime, afferma per
iscritto ed in idioma francese, di non essere riuscito
in quella operazione che nel 1765, dopo molte prove
fatte con grande pazienza, e di non avere toccata la
perfezione in quell'arte che nel 1771.
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PADRE FOURCAULT E IL DUCATO DI PARMA
E PIACENZA
I complessi eventi che seguono
l'estinzione del ramo maschile della famiglia Farnese,
assegnano nel 1748 il ducato di Parma e Piacenza a
Filippo di Borbone, figlio di Filippo V, re di Spagna, e
di Elisabetta Farnese; il duca sposerà Luisa Elisabetta,
figlia del re di Francia Luigi XV.
Anche se si tratta di una piccola capitale, rispetto
alle potenze europee, lo stato parmense vuole recitare
un ruolo nella cultura del XVIII secolo. Sotto la guida
del primo ministro Du Tillot, nel ducato di Parma prende
vigore un'intensa azione riformatrice, che risente dei
fermenti illuministici che all'epoca pervadono le grandi
capitali d'Europa e in particolare Parigi.
È di questi anni la fondazione della Biblioteca
Ducale (1762), dell'Università di Stato (1768), del
nuovo Orto Botanico (1768).
Don Filippo di Borbone con la famiglia, olio
su tela
di Giuseppe Baldrighi, Parma, Galleria
Nazionale
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A Parigi, Georges Louis Leclerc, comte de Buffon, dal
1739 al 1788 è sovrintendente del Jardin du Roi,
dove è presente la più ricca collezione di storia
naturale dell'epoca; Buffon pubblica dal 1750 una
monumentale Histoire naturelle, générale et
particulière, avec la description du Cabinet du Roy
(36 volumi in folio) in cui l'ornitologia emerge
come disciplina scientifica autonoma, staccandosi
dall'insieme, fino ad allora poco distinto, delle
scienze naturali. Ma Parma (nel suo piccolo) non vuole
essere da meno.
Nel 1763 Don Filippo fa venire dalla Francia il
sacerdote naturalista Jean Baptiste Fourcault, con
l'incarico di provvedere alle collezioni ducali di
ornitologia. Fourcault nasce nel 1719 a
Fontaine-Française (Côte d'Or, Borgogna) e, dopo essere
entrato nell'ordine dei Minimi di San Francesco da
Paola, si dedica allo studio dell'ornitologia e in
particolare alla tassidermia.
A lui si deve la creazione (1766) del primo nucleo di
quello che diventerà il Museo di Storia Naturale
dell'Università di Parma, del quale il padre minimo
restò direttore sino al 1775, anno della sua morte
avvenuta a Firenze nel convento del suo ordine, mentre
ritornava da un pellegrinaggio giubilare a Roma.
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La
raccolta si compone di 17 contenitori di vetro, di cui 11 ancora
nello stato originale, disposti nelle due file anteriori; in
quella posteriore si trovano due pezzi di un vaso rotto, due
vasi vuoti integri (lasciati così dallo stesso Fourcault) e tre
custodie prismatiche di epoca successiva, in cui si conserva cià
che rimane di tre vasi andati rotti.
I vasi integri
contengono, in senso orario da destra in basso:
Scoiattolo (e due noci);
Pettirosso; Passera d'Italia (m.); Averla piccola
(m. e f.); Fringuello (m.);
Codibugnolo; Regolo; Canarino; Cutrettola (2);
Cinciallegra; Ortolano;
Balestruccio; Usignolo; Culbianco (m.); Ballerina
bianca; Rondine;
Averla cenerina (2);
Assiolo (e tre uova);
Storno roseo (e due uova);
Picchio verde; Picchio rosso maggiore;
Verdone; Strillozzo;
Ghiandaia;
Parrocchetto dal collare (e due uova, due noci,
Vanessa atalanta, Cervo volante).
Tra gli animali
così conservati, il primo in basso a sinistra nella teca è un
Assiolo, classificato come Scops zorca Cetti. Sul fondo
del vaso sono poste tre uova non schiuse, accanto a foglie di
quercia e ghiande.
Il rispetto
della forma e la naturalezza dell'atteggiamento dimostrano, da
parte di Fourcault, non solo una conoscenza completa
dell'animale vivo ma anche una tecnica squisita diretta da un
gusto sottile d'arte.
L'Assiolo è in
posa naturale, come se la mano del preparatore avesse potuto
naturalmente introdurvelo comodamente, ma un esame attento del
vaso permette di escludere qualsiasi altra entrata se non quella
strettissima del collo. Quindi si deve concludere che gli
uccelli, anche di mole rilevante con i rispettivi posatoi (e
persino uno scoiattolo), siano stati introdotti per l'orifizio
naturale del vaso; e che Padre Fourcault, attraverso lo stesso
orifizio, abbia dato loro l'assetto conveniente, probabilmente
servendosi di lunghe pinze e certamente di un'infinita pazienza.
Il vaso
contenente l'Assiolo reca una dicitura in francese, applicata
sull'asse del posatoio, che protesta l'onestà della costruzione
dello stesso: "que le lecteur ne s'imagine pas que ce
juchoir ne soit composé que de trois piéces comme il le parait
et qu'il n'ait pu passer par le col du cylindre c'est une
erreur des plus grossières. à la cour de Parme le 4 mai 1773".
A documentare la
serenità e il gusto con cui lavoravano i naturalisti dell'epoca,
sta anche l'arguzia di imprigionare nel becco di una Ghiandaia
il cartiglio con la scritta: "J'atteste que le p. Fourcault
Minime m'a fait entrer dans ce cylindre par son orifice 1774".
Dopo quasi 240
anni gli animali sotto vetro di Padre Fourcault sono ancora in
perfetto stato, senza traccia di tarlo: il segreto della loro
preparazione, invece, è indecifrabile, scomparso con l'autore.
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